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2017 – open
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Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori fondatori di Labics, ci raccontano del progetto con cui hanno vinto il concorso bandito dal Comune di Ferrara per il restauro del Palazzo dei Diamanti. Il progetto è stato al centro di un ampio dibattito e spesso bersaglio di critiche negative generate da una lettura superficiale dei contenuti.
Per chi volesse approfindire, ecco il link ad Artribune

Palazzo dei Diamanti by Labics, 2017-open, Ferrara
Ci potete raccontare del progetto con il quale avete vinto il concorso per l’ampliamento del Palazzo dei Diamanti a Ferrara?
Prima di tutto cerchiamo di chiarire in cosa consisteva esattamente il progetto; purtroppo il termine ampliamento (contenuto nel Bando di Concorso) ha creato un dibattito enorme e del tutto errato e fuorviante rispetto ai veri contenuti e agli obiettivi del progetto.
Ripartiamo dal principio: il progetto è la proposta vincitrice del concorso in due fasi bandito dal Comune di Ferrara nel 2017 per il restauro di Palazzo dei Diamanti a Ferrara – capolavoro rinascimentale progettato da Biagio Rossetti – e la realizzazione di un padiglione nel giardino sul retro del Palazzo. Ad essere precisi il Bando di Concorso richiedeva una soluzione per chiudere il percorso espositivo (al Palazzo manca il quarto lato), insieme al restauro di alcune parti dell’antica fabbrica, le più manomesse, per ospitare alcuni servizi a supporto dello spazio espositivo: il bookshop, la caffetteria, i servizi igienici e uno spazio per i bambini. Il piccolo edificio di 500 mq collocato nel giardino retrostante non è stato pensato dunque come un ampliamento dell’edificio esistente tout court ma come un padiglione nel parco. La sua collocazione, lontana dall’edificio e immersa nel verde, aveva proprio questa finalità. È chiaro poi che, coerenti con la nostra ricerca, non abbiamo progettato una oggetto scultoreo in mezzo al giardino e autonomo dal contesto, ma ci siamo posti all’interno della storia del monumento ricercandone le logiche geometriche, le regole compositive, ma anche rispettandone la struttura visiva e il ruolo dei diversi componenti.

Palazzo dei Diamanti by Labics, 2017-open, Ferrara
Questo vostro intervento è rigoroso, inoltre sembra essere molto luminoso. A cosa sono dovute queste due scelte?
I due aspetti citati – il rigore e la luminosità – sono tra loro strettamente connessi. Il progetto si basa infatti su quattro concetti:
Forma e geometria – Il padiglione fonda la sua matrice formale sulla stessa logica geometrica che struttura il Palazzo, una scelta che consente al nuovo intervento – del tutto differente nel linguaggio formale e materiale – di entrare a far parte della logica evolutiva dell’edificio esistente.
Pieni e vuoti – Il nuovo intervento è coerente con la struttura spaziale del Palazzo caratterizzato da un’alternanza di pieni e vuoti: distanziando il nuovo intervento dal muro, che conclude il cortile Cinquecentesco, si crea un nuovo vuoto che si inserisce in modo armonioso all’interno della ricca sequenza spaziale esistente.
Soglie – Il ruolo di filtro che attualmente svolge il muro antico, che separa il cortile del Palazzo dal giardino retrostante, è stato conservato. Distanziare il nuovo intervento dal muro esistente ha permesso anche di preservarne lo status di soglia, un elemento di filtro tra due spazi naturali.
La relazione con il tempo – Infine, il nuovo intervento riflette sulla condizione di incompiutezza che caratterizza le facciate e lo spazio interno del Palazzo. In virtù di questo aspetto, il nuovo padiglione è stato concepito come una struttura “nuda” in grado di dialogare con il palazzo ma al tempo stesso di denunciare la sua autonomia.
Alla luce di queste scelte il progetto si configura come un portico, aperto, in continuità con il giardino, necessariamente quindi aperto e luminoso.
