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Massimo Vitali: fotografare guardando direttamente la realtà

Dicembre 2019

NOME:

Massimo Vitali

INTERVISTA by:

Andrea Carloni e Carlotta Ferrati

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Massimo Vitali

Parlare con Massimo Vitali significa ascoltare una persona diretta e allo stesso tempo precisa nell’affermare il proprio pensiero. Alcune sue foto, che ritraggono persone in costume sulle spiagge, sono state esposte in molti musei ed hanno contribuito a farlo diventare un importante fotografo a livello mondiale. Spesso è stato definito il “fotografo delle spiagge” e, come lui stesso spiegherà in nell’intervista ciò che lo attrae sono le persone non quello che indossano.
Nelle foto di Vitali non accade mai niente di eclatante, ma potremmo stare ad osservarle per ore trovando continuamente qualche nuovo avvenimento su cui soffermarsi. Il motivo di tale attrazione sta nel fatto che ognuno di questi scatti è un ritratto senza filtri della nostra società contemporanea con all’interno condensati moltissimi significati.

Massimo Vitali, Ph: Alberto Zanetti

Perché sei così attratto dalle folle, in particolare dalle persone in costume?

Sono attratto dalle persone in generale. Devo dire che le spiagge sono un ottimo punto di osservazione per quello che cerco di fare con il mio lavoro.
Riguardo le folle, potrei dire che già un gruppo di dieci persone può diventare interessante e non la definirei una folla.

Massimo Vitali – De Haan Kiss, 2001

Hai fotografato anche i locali dove le persone ballano…

Erano gli anni ‘90 e sentivo la necessità di fotografare le persone non solo d’estate; in quel periodo le discoteche mi sembravano degli interessanti luoghi di aggregazione. Oggi la situazione è diversa, hanno perso lo smalto di allora…

Uno dei tuoi ultimi lavori è stato il concerto di Jovanotti…

Si, però è molto diverso dalle discoteche. Le persone ballano e ascoltano musica in spiaggia, non ci sono solo giovani, ma persone di tutte le età che interagiscono tra di loro. Un ritratto molto trasversale della società. Dal punto di vista fotografico, ciò che mi attrae in modo particolare è che tutti sono in costume da bagno e ciò li rende più indifesi e scrutabili. Se dovessi fotografare una piazza gremita di persone in inverno la troverei un’immagine molto noiosa…
Il fotografare una moltitudine di piumini che si muovono come formiche impazzite è completamente privo di fascino, mi impedisce di capire chi veramente la gente è.

Massimo Vitali, Duplé Paura 1, 1997

Tu fotografi eventi dove i soggetti cambiano di continuo, quando capisci che è il momento giusto per scattare?

Devo premettere che adesso faccio solo foto digitali, ma prima scattando con il grande formato in analogico guardavo quello che accadeva nella vita reale e non attraverso la macchina. Non ho mai fatto foto guardando dentro la macchina. Mi limitavo soltanto a prendere dei riferimenti visivi che sapevo essere i limiti dell’inquadratura e poi guardavo cosa succedeva al suo interno. Non guardando nel mirino capisci molte più cose e puoi seguire contemporaneamente molteplici avvenimenti dislocati in punti diversi.

Massimo Vitali – Rosignano Three Women, 1995

Con l’arrivo del digitale è cambiato il tuo modo di scattare?

Ho mantenuto il solito approccio.
Per scattare uso un dorso Phase One e l’immagine che si vede nel piccolo monitor non mi permette di capire quello che succede nell’inquadratura. Per ovviare a questo colleghiamo la macchina ad un computer portatile, ma nonostante ciò preferisco comunque guardare direttamente l’inquadratura senza passare da un monitor. Le foto le vedo solo dopo che le ho fatte.
Io guardo la realtà.

Massimo Vitali – Gamla Laugin Greenhouse, 2016

Come hai vissuto il passaggio al digitale?

Bene. Fino a 2/3 anni fa i dorsi digitali non erano all’altezza. La qualità era troppo bassa. Normalmente stampo foto che sono 180×240 cm e mi serve un dettaglio che vada da 3 mt all’infinito. Quello di cui ho bisogno è di vedere cosa sta facendo ad esempio una famiglia a 70 metri di distanza, a me interessa quello e per fare ciò servono strumenti di qualità molto alta. Oggi finalmente il digitale mi permette di arrivare ad un livello di dettaglio pari o più alto dell’analogico.

Massimo Vitali- Cala Mariolù Coda, 2014

Pratichi mai dei tagli all’inquadratura?

Normalmente no. Però studio molto l’ingrandimento delle foto che ho fatto.

Le tue foto spesso sono sovraesposte perché?

No, non sono sovraesposte. Sono stampate chiare. Le foto sono scattate con la corretta esposizione e poi molto spesso decido di stamparle più chiare perché non mi piacciono le ombre. Non mi piace nemmeno quella sabbia “grigiolina” e quindi la schiarisco perché la trovo insopportabile.

Quindi il fare gli sfondi chiari è principalmente per motivi estetici?

Non solo, le persone e i costumi colorati che indossano se ritratti su sfondo chiaro escono meglio dallo sfondo.

Massimo Vitali – Praia da Boa Nova, 2016

Per realizzare le tue foto devi avere un certo punto di vista che ti porta a collocare la macchina in alto, perché?

Se ho cinquanta persone e le fotografo ad altezza d’uomo vedo solo la prima fila. L’idea era un po’ anche quella di prendere ispirazione dall’arte rinascimentale che riempiva i quadri di gente e usava una prospettiva centrale leggermente elevata.

L’altezza è sempre la stessa?

Quando scatto le foto con il treppiedi sul pulmino la macchina è a circa 3.5 metri. Altre volte uso uno speciale cavalletto che mi permette di portarmi a 5 metri. Non sempre riesco ad ottenere l’altezza che vorrei, ma cerco di adeguarmi all’altezza che posso raggiungere.

Massimo Vitali – Kappa Futur Festival Fake Wheelchair, 2018

Facendo riferimento anche ad una tua recente mostra collettiva Civilization. The way we live now. Mi puoi dire almeno un pregio e un difetto della società in cui viviamo oggi?

Io non chiederei ad un fotografo di arrivare a delle conclusioni così stringenti.

Io mi limito a vedere cosa succede, spero che altre persone possano utilizzare il mio lavoro per trarne delle conclusioni.

Io so dove voglio andare e cosa voglio dire ma allo stesso tempo preferisco che lo dicano altri.

Fondamentalmente sono contrario a quel tipo di autori che utilizzano la fotografia per arrivare a delle conclusioni.

Massimo Vitali – Porto Miggiano, 2011

In questi autori includi anche il fotogiornalismo?

Si esatto. Il fotogiornalismo spesso accelera i concetti verso delle conclusioni che non sempre sono così chiare ed evidenti. Per comprendere le cose serve tempo e conoscenza dei molti fattori che hanno portato al verificarsi dei fatti. Il mio lavoro è molto più soft e le grandi foto non ritraggono qualcosa di eclatante, ma semplicemente molte persone che spesso stanno in costume da bagno. Avendo tempo e volontà di comprendere credo che tutte quelle piccole azioni che si svolgono nelle mie foto possano farci capire alcuni aspetti della società che stiamo vivendo.

Massimo Vitali – Guadine Vertical, 2017

Il tuo lavoro mi ricorda per alcuni aspetti i Comizi d’Amore di Pasolini. 

Per me è stata una grande ispirazione. Ricordo che al tempo fu molto criticato e in tanti non capivano questo suo interesse nell’intervistare la gente qualunque sulle spiagge. Con il tempo abbiamo visto il valore di questo lavoro.

Tu ottieni un notevole successo sui social network, che rapporto ha con questi strumenti?

Credo che oggi non si possa fare a meno dei social network, come non si può fare a meno delle macchine digitali.

Delle volte alcuni fotografi hanno paura di essere condizionati dal giudizio immediato che è possibile avere pubblicando il proprio lavoro sui social network…

Nel mio caso non ho questo problema perché usiamo questi strumenti come il semplice diario che narra la vita del mio studio. Le foto che pubblichiamo sono relative al backstage e non un portfolio dei miei lavori.

Per un giovane artista trasformare la propria passione in un lavoro è molto difficile. Oggi tutti noi, anche grazie ai social come Instagram, vediamo centinaia di foto al giorno ma raramente queste portano un reddito ai suoi autori. 

Sì è vero c’è questo problema. Non mi fraintendere io sono solo felice che oggi l’immagine fotografica sia così diffusa. Nel mondo dell’arte però sono cambiate molte cose. Le gallerie hanno un ruolo sempre più marginale e non credo che le fiere internazionali riescano ad attrarre un sufficiente numero di collezionisti. All’inizio di questo secolo qualsiasi cosa nuova venisse fatta aveva migliaia di potenziali compratori che non vedevano l’ora di acquistarla. Oggi i collezionisti sono molto meno arditi nelle loro scelte e cercano soltanto l’investimento sicuro.

Massimo Vitali – Carcavelos Pier, 2016

Avresti un consiglio per un giovane fotografo?

Oggi ci sono molte cose nuove e diverse che si possono fare. È sbagliato dire che tutto è stato fatto e tutti hanno fatto tutto. Però per capire quale sarà la strada da percorrere si deve avere una cultura seria e profonda sull’arte e la fotografia. Una cosa che mi sento di dire è che oggi nelle nostre scuole queste materie praticamente non esistono, mentre dal mio punto di vista dovrebbe essere insegnata una storia delle fotografia organica che faccia comprendere in modo serio quest’arte. Il consiglio che mi sento di dire è quello di studiare e conoscere.

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