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Una chiacchierata con Patrik Pedó di Monovolume

Una chiacchierata con Patrik Pedó di Monovolume.

By Andrea Carloni & Carlotta Ferrati

January 2019

Patrik Pedò è laureato in architettura presso l’Università di Innsbruck ed insieme a Jury Anton Pobitzer è fondatore dello studio di architettura Monovolume. Dal 2003 lo studio lavora nel settore dell’architettura e del design passando dalla progettazione urbanistica all’arredamento d’interni.

Ciao Patrik, è un piacere conoscerti e scoprire più da vicino la realtà di Monovolume. Partiamo con la prima domanda. Com’è nata l’idea del progetto ​Ponte Tschapit​?

Ponte Tschapit è un progetto disegnato con gli studenti dell’Università di Innsbruck. Pur essendo contemporaneo appare come un ponte prettamente artigianale. Per costruirlo siamo andati per dieci giorni in montagna, abbiamo lavorato lì sul posto con carpentieri e operai specializzati. Abbiamo scelto gli alberi insieme alla Forestale, li abbiamo tagliati, lasciati essiccare naturalmente per quasi un anno e ripresi a primavera; così abbiamo costruito il ponte. Come si direbbe oggi “è un ponte a chilometro zero”.

Com’è stata la vostra formazione? Dove avete studiato?

Ci siamo conosciuti all’Università di Innsbruck. Ci siamo laureati con ​Kjetil Trædal Thorsen di ​Snohetta. Con Snohetta siamo ancora in contatto e spesso facciamo qualche concorso insieme. Quando io e Jury ci siamo laureati c’era anche Patrick Schumacher socio di Zaha Hadid. C’erano molte influenze positive e internazionali all’Università di Innsbruck e professori molto bravi. Già 15 anni fa avevamo a disposizione tecnologie che solo oggi sono entrate in varie università italiane, come il Cad e la stampante 3D. Quando sono andato un anno a Roma volevano che disegnassi tutto a mano, non mi facevano utilizzare il pc. A Roma avevano aule super attrezzate con i computer, ma nessuno poteva entrarci. Il paradosso era enorme. A Innsbruck si respirava un’aria totalmente diversa.

Nel progetto di ​Casa Carezza​ la tipologia costruttiva utilizzata sembra che usi il sistema a secco. Perché avete scelto questo metodo costruttivo?

Casa Carezza non è stata ancora costruita. Tutta la parte sopra la quota zero è in legno. Questo metodo costruttivo viene molto utilizzato in montagna, riprende la tradizione del come venivano costruite le case e anche dal punto di vista delle tempistiche è più veloce da realizzare. Per la struttura portante è stato utilizzato del legno XLam. Casa Carezza è pensata per lasciare il legno XLam a vista all’interno. Poi all’esterno va messo un isolante e un rivestimento esterno in larice che è legno molto resistente.

Casa Carezza, Carezza, Bolzen, 2016.

Pensi che questa tecnica costruttiva verrà utilizzata in futuro? Cosa pensi del futuro delle abitazioni? Come verranno costruite?

Le strutture in legno XLam sono molto tecnologiche, ci sono stati molti sviluppi negli ultimi anni. Costi e tempi con XLam e legno sono ridotti, ma producono comunque strutture molto valide. Non so se si diffonderanno di più, posso dire che sicuramente non ci limiteremo ad utilizzare mattoni e cemento.
Noi come studio cerchiamo di utilizzare ogni materiale e di capire a pieno i vantaggi di ognuno. Costi e tempi di costruzione vanno valutati. Per i sistemi di ampliamento di strutture esistenti sicuramente il legno o pannelli in parte prefabbricati hanno il loro vantaggio.
Per esempio durante l’ampliamento di una casa, abbiamo tolto il tetto e aggiunto un piano in più con legno XLam. Quando abbiamo tolto il tetto, il piano terra era comunque abitato e l’utilizzo di strutture in legno ha permesso di ridurre i tempi e di completare il lavoro più velocemente. La casa era una struttura degli anni 70’, motivo per cui non potevamo utilizzare strutture troppo pensati. Il legno è risultato la soluzione migliore. Un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che tutto viene assemblato prima e arriva già composto sul posto. L’utilizzo di questi materiali consente maggiori controlli sia sul fattore economico che su quello degli imprevisti.

Guardando i vostri progetti vediamo che utilizzate i materiali più disparati. Con quale criterio scegliete un materiale rispetto ad un altro?

Soprattutto in base a ciò che richiede la forma, la statica influisce sicuramente su un progetto. Dopo questa valutiamo i tempi e i costi, se si tratta di una struttura esistente anche lì dobbiamo vedere com’è la situazione della statica e della struttura. In base a queste valutazioni scegliamo il materiale più adatto. La scelta è anche una scelta estetica, anche questa influisce. Se il cliente vuole creare un ambiente più caldo utilizziamo il legno, se vuole una struttura più moderna e minimalista è meglio il cemento a faccia vista o il cemento intonacato. Dipende molto dalle richieste del cliente.

​Casa T ​e ​Casa M​ hanno un linguaggio contemporaneo che sembra non cerchi nessun particolare legame con ciò che le circonda. Perché è stato scelto di realizzare queste tipologie di abitazioni?

Abbiamo sempre lavorato sul terreno esistente quindi con i livelli attuali del terreno. Entrambe le case sono studiate per il posto e per il luogo in cui sorgono, in cui sono state costruite. Il colore e il materiale di finitura vengono solitamente scelti dai clienti, a seconda dei loro gusti e di ciò che più li soddisfa.

Casa T, Merano, Bolzen, 2018.

Potresti raccontarci a grandi linee il vostro metodo progettuale? Come affrontate i nuovi progetti?

I nostri clienti, già dal sito web, capiscono quello che facciamo e il nostro stile, qual è la nostra direzione. Adesso in studio siamo quindici, è uno studio abbastanza piccolo e lavoriamo sempre insieme quindi si crea un gruppo creativo di lavoro. Chiediamo sempre al cliente una lista delle esigenze, valutiamo il costo, il terreno, quello che c’è intorno e la storia. Da questi fattori iniziamo poi a disegnare e progettare schizzi che facciamo vedere ai committenti. Utilizziamo molto il 3D, quindi plastici e stampanti 3D per studiare le forme, i volumi.
Tutto il progetto fin dall’inizio viene sviluppato in 3D a cui seguono rendering poi facciamo vedere al cliente le prime ipotesi. Facciamo molti modelli fisici per studiare i rapporti proporzionali tra i volumi. La stampante 3D, è un metodo più veloce e innovativo per costruire i modelli tridimensionali, rispetto a prima che li facevamo manualmente. Il modellino aiuta sia noi che i clienti, soprattutto nei dettagli. Per studiare i volumi in grande scala facciamo anche plastici a mano.

Molti vostri clienti sono aziende e sembra che quasi mai abbiate utilizzato il metodo dei concorsi per trovare nuovi incarichi. É possibile che sia così?

No, molti sono concorsi privati ad invito. Tanti lavori sono conseguenza di concorsi vinti. Al momento facciamo solo quelli ad invito e anche su quelli scegliamo quelli che più ci interessano anche perchè il nostro studio non è grandissimo. Con uno studio piccolo un concorso diventa un investimento. Per i concorsi aperti non avremmo nemmeno il tempo.

Dr. Schär SPA, Postal, Bolzen, 2017.

Adesso una domanda che non farò solo a te ma anche ad altri studi. Perché le zone del nord Italia che confinano con Austria e Svizzera ed in particolare nel territorio del  Trentino-Alto Adige è possibile trovare più facilmente rispetto al resto del paese degli studi di architettura di alta qualità?

Un motivo è sicuramente la tradizione dei concorsi pubblici, più forte in Trentino Alto Adige, infatti ha già più di vent’anni. Concorsi pubblici di scuole, musei, asili, comuni, stazioni dei pompieri. La provincia fa concorsi aperti o ad invito per costruire queste strutture. Il sistema dei concorsi si è allargato anche al settore privato. Questa struttura dei concorsi, anche piccoli, riesce ad allargare la varietà architettonica. Invece di chiamare l’architetto che conosco invito vari studi diversi. Questo serve a creare più concorrenza ma anche più qualità. Nei concorsi che si fanno in Alto Adige vengono invitati anche studi tedeschi o svizzeri ed è per questo che c’è un’influenza più internazionale che altrimenti non ci sarebbe. Con queste opere pubbliche è entrata una architettura moderna internazionale. Aziende anche non troppo grandi fanno concorsi per trovare il progetto migliore. Tantissimi fanno concorsi privati. Anche il privato che vuol costruire una villa investe maggiormente sul progetto e invita vari studi, c’è un rimborso spese. Il committente può così scegliere quello più adatto alle sue esigenze. Uno dei nostri primi progetti, quello dell’Azienda Roto Blaas, è stato un concorso ad invito; abbiamo vinto il concorso e abbiamo così iniziato a disegnare il progetto. Eravamo ancora studenti all’università, ci siamo fermati due anni per costruire la struttura e abbiamo finito gli studi dopo.

Vorrei soffermarmi ancora su questo tema. Stai quindi dicendo che sul vostro territorio molti enti privati utilizzano il metodo del concorso per selezionare il progettista?

Si esattamente. Già le aziende non troppo grandi, se devono costruire una nuova sede o fare un ampliamento dell’esistente, spesso istituiscono un concorso ad invito e, con un piccolo budget che serve da rimborso spese, hanno la possibilità di selezionare il progetto in base alle proprie esigenze.
Il solito approccio si sta diffondendo anche nel settore delle abitazioni private, ovviamente non sto parlando della villetta che viene costruita dal geometra di paese, ma di investimenti più importanti. Può capitare che il proprietario vista l’importanza dell’investimento che deve fare, utilizzi il metodo del concorso ad inviti per selezionare il progetto.

Come vi sembra nel suo complesso la situazione dell’architettura in Italia? Secondo voi cosa sarebbe giusto fare?

In Italia non mancano studi interessanti. Il problema sono i tempi che sono molto lunghi. Abbiamo anche noi diversi progetti da realizzare in Italia, nell’area di Como, ma i tempi sono lunghissimi, passano anni prima che si inizi a realizzare qualcosa. Nel 1998 a Roma il concorso del Maxi venne vinto da Zaha Hadid, ma ci sono voluti 10-15 anni per costruirlo. In Germania ad esempio ci sono meno regole, ma più dirette, molte delle regole italiane non esistono: ce ne sono meno ma meglio pensate. Sarebbe meglio avere meno regole ma più nitide e chiare, così sarebbe più facile avere un’architettura di qualità.

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