Un’intervista con Giacomo Costa: l’artista dell’era digitale
By Andrea Carloni & Carlotta Ferrati
Aprile 2019
Giacomo Costa è un artista nato a Firenze che da oltre 20 anni indaga sul rapporto uomo-natura. Tramite il suo lavoro cerca di sensibilizzare le persone verso il rispetto del nostro pianeta. Ha esposto alla Biennale di Architettura di Venezia ed al Centre Pompidou dove è entrato a far parte della collezione permanente nel 2006. La prefazione della sua monografia The Chronicles of Time, edita da Damiani, è stata scritta da Norman Foster.

Inizio con una domanda diretta: sei preoccupato per il nostro pianeta?
Sì, direi moltissimo. Al centro del mio percorso d’artista uno dei temi principali è sempre stato l’ambiente.
Prima di fare l’artista passavo parte del mio tempo facendo l’alpinista e scalando montagne. Il forte contrasto tra questi luoghi incontaminati e potenti rispetto alle distorsioni della città era “uno schiaffo in faccia”. Questa contrapposizione mi ha fatto capire che la città è un luogo dove l’uomo è solo una parte marginale di un mondo caotico. Da queste riflessioni ho iniziato ad utilizzare i luoghi urbani come mezzo per raccontare l’uomo. Nel ‘96 quando ho iniziato questo lavoro d’indagine verso un mondo non più sostenibile le attività di ricerca scientifica conoscevano bene il tema, ma l’opinione pubblica e la cultura molto meno.

Spesso nelle tue opere l’opera dell’uomo è contrapposta alla natura, quasi come se fosse una eterna battaglia tra bene e male. Perché?
Quando sei sulle montagne a scalare senti la potenza della natura e capisci che sei solo una sua piccola appendice; l’uomo è una sua componente che però è impazzita. L’essere umano, a differenza di tutti gli altri ospiti del pianeta, può influenzare l’ambiente e grazie alla tecnologia riesce ad abitare in luoghi altrimenti impossibili. Nelle mie opere la natura è vista come qualcosa di non umano e spesso si rapporta difficilmente con la città, l’emblema dell’uomo. Vorrei sottolineare che il comportamento della natura non è frutto di un disegno, ma semplicemente esiste e fa. L’uomo invece può programmare le proprie azioni e spesso attua delle scelte sbagliate. In sintesi la natura non ha una volontà mentre l’uomo sì.

Il tuo lavoro non potrebbe esistere senza l’utilizzo del computer. Che rapporto hai con la tecnologia?
Come quasi tutti quelli della mia generazione sono sempre stato affascinato dalla fantascienza. Quando ero piccolo iniziarono ad essere commercializzati i primi computer; queste macchine mi attraevano molto.
Dopo sono passati molti anni e oltre a fare l’alpinista praticavo anche l’attività di fotografo. La mia volontà non era quella di interpretare la realtà bensì di manipolarla. Eravamo nella seconda metà degli anni ‘90 e finalmente grazie all’utilizzo di Photoshop potevo iniziare a modificare l’esistente.
Il computer è diventato l’estensione di me stesso che uso per esprimermi.
La cosa interessante è che il computer essendo uno strumento tecnologico si evolve e con lui cambia anche la mia arte.

Che programmi usi per disegnare le tue opere?
All’inizio Photoshop, però dopo ho cominciato ad usare programmi di modellazione tridimensionale che mi permettevano di partire da zero. Ultimamente invece impiego programmi più avanzati che mi permettono di creare delle animazioni tridimensionali. Infatti le mie ultime opere sono delle animazioni.
Il programma che dopo anni di studi utilizzo di più si chiama Houdini e viene usato principalmente dall’industria cinematografica per fare effetti speciali.

Credo che gli artisti abbiano la capacità di capire il presente e di anticiparci il futuro, quindi ti chiedo se il futuro che ti immagini per il nostro pianeta è diverso da quello che vorresti.
Allora, partiamo dal presupposto che io non ho molta fiducia nell’essere umano!
Il futuro che mi immagino è simile al nostro passato con un mondo dominato da aggressività ed interessi personali. Però è anche vero che adesso a differenza del passato è molto facile per le grandi masse accedere e conoscere i pensieri delle persone più illuminate. Velocemente possono nascere grandi movimenti globali che perseguono obiettivi positivi. Quindi da un certo punto di vista sono pessimista verso il genere umano, ma ottimista nel fatto che grazie alle nuove tecnologie possiamo diffondere e attuare pensieri positivi.
Una cosa molto importante è che tutti noi siamo chiamati in causa e il comportamento dei singoli individui può influire più di quanto si creda sulla sorte del nostro pianeta.
