Luglio 2020
…una cosa che ripeto spesso agli studenti: guardare, studiare, osservare è la base.
Il mio lavoro consiste nel concepire e sviluppare il concept creativo delle immagini
il media digitale oggi come oggi è imprescindibile e la sua importanza è stata accelerata molto anche a causa degli avvenimenti recenti.
Per i tempi veloci e “liquidi” in cui viviamo, non credo sia pensabile potersi affidare ciecamente ad un unico mezzo di comunicazione.
Se vogliamo sintetizzare in un unica parola le tante attività che deve conoscere Cristina Lello per compiere il proprio lavoro è quella di stylist. Ma potremmo anche definirla set designer e art director. In pratica Cristina crea le ambientazioni di oggetti che verranno promossi attraverso campagne pubblicitarie o semplicemente inseriti all’interno di un catalogo. Anche se il lavoro di stylist esiste da decenni nel caso di Cristina non possiamo dirlo perché lei è una stylist 3D, cioè le sue ambientazioni sono immagini completamente realizzate al computer. Per ottenere gli interessanti risultati che possiamo vedere, Cristina coordina molte figure distinte che collaborano alla realizzazione delle immagini e allo stesso tempo interpreta e traduce i desideri del cliente. Nella maggior parte della ambientazioni realizzate da Cristina il fotorealismo è stato superato in favore di contesti esplicitamente irreali ma fortemente comunicativi, capaci di stimolare con la loro semplicità specifiche sensazioni.

Cristina in cosa consiste il tuo lavoro?
Mi occupo di direzione artistica e sono specializzata nella comunicazione e visualizzazione di prodotto.
Il mio lavoro consiste nel concepire e sviluppare il concept creativo delle immagini (stile, location, color palette, styling, lighting..) confrontandomi con le necessità dell’azienda e gestendo il flusso di produzione delle immagini, lavorando fianco a fianco con 3d artist, fotografi, grafici e altri professionisti. I progetti si aprono quasi sempre con una moodboard e si concludono con immagini finite che vengono usate in cataloghi, advertising, siti web e altri contesti.
Ogni progetto che affronto, per quanto diverso ogni volta, per me si basa sempre su tre “C” fondamentali: Cultura, Contesto e Contaminazione. “Cultura” significa tenere sempre a mente, in ogni progetto, la storia dell’arte, dell’architettura e del design, la psicologia visiva, la teoria del colore: rispolverare e studiare queste basi teoriche in base alle specifiche del progetto aiuta molto. Spesso si pensa che il gusto sia una qualità innata, mentre la componente di background e studio è fondamentale. “Contesto” significa essere consapevoli dell’obiettivo e delle esigenze del progetto per scegliere al meglio metodologie, strumenti e tempistiche per raggiungere un determinato risultato comunicativo. “Contaminazione” infine significa ispirarsi da settori diversi dal proprio: amo la grafica, guardo all’architettura, alla moda, al cinema… Interessarsi e ispirarsi a campi diversi è fondamentale per creare quella serendipità utile alla creatività.
Negli ultimi tuoi lavori, sto pensando a Suspension e Teorema, spesso sei andata oltre il fotorealismo perché?
Gli studi accademici in passato mi hanno dato la possibilità di conoscere da vicino diverse tecniche: acquerello, pittura a olio, fotografia, fino ad arrivare ai software di modellazione 3d, con i quali ho lavorato molto negli ultimi anni, perché ci vedo delle potenzialità che si evolvono in fretta e la possibilità di esprimermi senza limiti, esplorando mondi liberi dalle convenzioni della realtà. Mi piace usare il 3d per muovermi in quel confine della percezione, tra reale e irreale.
Per chi si occupa di comunicazione, capire le specificità e le possibilità che ogni tecnica offre è fondamentale per riuscire a ottenere risultati che abbiano un forte impatto sul fruitore.
Ho lavorato spesso anche con la fotografia tradizionale su progetti di comunicazione per prodotti di interni: in quell’ambito affittare una location, i props, montare arredamenti che hanno una loro complessità in termini di trasporto e montaggio, può essere molto dispendioso in termini di tempo e denaro… Quindi, in sempre più occasioni, scegliere di usare immagini in 3d può dare dei vantaggi logistici ed economici molto ampi per il cliente. Ma scegliere questa tecnica senza capirne le peculiarità intrinseche può anche portare a risultati mediocri, a immagini che sono brutte copie di una fotografia reale: per evitare questo ho imparato che non basta il software e la tecnica, va capito il linguaggio creativo giusto da usare.
Anche nei set più fotorealistici e “commerciali” che progetto quotidianamente, pur prendendo spunto da ambientazioni reali, cerco sempre di instillare una personalità forte nell’immagine.
Di solito come ti rapporti con la committenza per decidere il “sapore” che dovranno avere le tue ambientazioni?
L’obiettivo di comunicazione del cliente è fondamentale e capirlo sta alla base. Di solito chi mi contatta per dei lavori conosce il mio stile e vuole questo, ma affronto progetti che hanno anche necessità di comunicazione diverse: mi è capitato di lavorare su settori distanti tra loro come il food e la cosmetica, ma l’approccio stilistico di base è sempre lo stesso. Cerco di mantenere un’immagine molto pulita, con un forte equilibrio grafico, in tutti i progetti in cui lavoro. I progetti cambiano, ma i principi di design rimangono costanti. Questo ovviamente non significa che non sia necessario sapersi adattare al brief: è giusto rispettare sempre il DNA del brand del cliente.
Potrebbe essere giusto dire fino a poco tempo fa il tuo lavoro non esisteva? Dico questo perché unisci attività di modellatore tridimensionale, post producer, art director e stylist in un unica figura.
Diciamo che in generale, creo immagini per comunicare prodotti. Quello che cambia sono le tecniche e la loro gestione, che cerco di unire in modo inedito: background artistico accademico, tecniche di rappresentazione 3D, basi di fotografia, interior design e grafica. Queste cose insieme formano la figura che sono oggi.
Pur conoscendo i software però, non mi definisco una 3d artist. Nel tempo ho preferito affiancarmi sempre di più a figure più tecniche di me, come modellatori e post producer specialisti nella propria disciplina, per potermi dedicare molto di più agli aspetti creativi e progettuali del lavoro di art director.
Hai degli autori o periodi storici che hanno in qualche modo influenzato il tuo lavoro?
Non ho dei riferimenti assoluti. In ogni progetto che affronto parto da zero, trovo sempre nuove ispirazioni e correnti che possono confluire nel mio lavoro.
Una parte importante del tuo lavoro è occuparsi di comunicazione, secondo te oggi quali sono i mezzi più interessanti per conoscere e divulgare il design?
Per i tempi veloci e “liquidi” in cui viviamo, non credo sia pensabile potersi affidare ciecamente ad un unico mezzo di comunicazione. In ogni caso qualsiasi canale, dal social network fino alla rivista, può essere fondamentale: la differenza nella scelta la fa la tipologia di prodotto e conseguente target.
Certamente il media digitale oggi come oggi è imprescindibile e la sua importanza è stata accelerata molto anche a causa degli avvenimenti recenti. Con l’instabilità del mondo del retail e degli eventi fieristici, i prodotti verranno comunicati (e venduti) sempre di più online, con mezzi digitali e “remoti”. In un contesto così, credo sarà sempre più importante saper ambientare e presentare i prodotti con grande maestria scenica, per non subire la mancanza dell’esperienza dal vivo.
Gran parte del tuo mondo è fatto di bit, che rapporto hai con i materiali reali? Ce ne sono alcuni che preferisci?
Non ho mai abbandonato davvero il rapporto con i materiali reali, anzi: pochi mesi fa ho lavorato proprio ad un progetto in cui dovevo ricercare e selezionare dei materiali per il design degli interni di una boutique a Londra.
Il rapporto con i materiali reali poi è fondamentale anche per creare delle immagini digitali credibili. Raccogliere references, osservare i campioni fisici dei materiali, studiare come la luce interagisce con essi, sentirli al tatto per poi ricreare queste sensazioni nell’immagine. Di recente ho progettato delle immagini di catalogo per un’azienda che produce superfici d’arredo: sarebbe stato molto più complesso creare le immagini con il giusto effetto, senza vedere i campioni di materiale.
È una cosa che ripeto spesso agli studenti: guardare, studiare, osservare è la base. Parallelamente ai materiali capire e studiare la luce, come una luce morbida o una luce dura interagisce con un metallo satinato, o lucido per esempio, è fondamentale. Luce e materia sono indissolubili nell’immagine.
Non ho dei materiali particolari che preferisco. Di recente per un progetto mi sono appassionata ai marmi italiani e ho scoperto un mondo immenso. Ogni materiale ha un suo linguaggio espressivo, che si lega in modo diverso alla forma, alla luce e al mood stilistico: per creare immagini che esaltino il prodotto, rendendolo memorabile, dobbiamo saper riconoscere e interpretare quel linguaggio.