Ti va di parlarci della tua “Casa di Confine”?
Il Progetto Casa di Confine è stato sviluppato attraverso un processo che si rifà anche alle esperienze Radical. All’interno dell’apparente linearità monolitica, è un insieme complesso fatto di sottospazi e relazioni; interrelazioni tra essi e relazione con l’esterno, con quello che non è l’edificio privato, evitando i canonici elementi aggiunti: verande, tettoie, pergolati, terrazze eccetera. È una casa che va attraversata e percorsa longitudinalmente e nel percorrerla si fa l’esperienza di abitare, rifugiarsi, relazionarsi a diversi gradi e livelli; di essere completamente scoperti al vento, agli elementi e -a seconda della posizione nella linearità dell’edificio- di essere perfettamente protetti (anche con dei gradi intermedi, come ad esempio nello spazio chiuso dalla membrana microforata), in un processo esperienziale che è quasi un percorso educativo, formativo.
Casa di Confine è anche (ed è ‘ancora’, come nella storia furono le prime dimore) protezione, rifugio, “capanna”; ma essa si connette, ‘sfuma’ dal chiuso all’aperto; suggerisce nuovi usi dello spazio, nuove abitudini di vita. Non ci sono semplici stanze, ma spazi, ‘dispositivi’, aperti a un utilizzo e a funzioni imprevisti. Serie di “opportunità” (si pensi alla tanto paventata flessibilità degli spazi domestici in questi periodi di ‘domesticità forzata’). È un’architettura che si raccorda, che si accorda con la natura. I prospetti sono “a fisarmonica”. La modularità delle pannellature e delle aperture risponde a una regola ciclica sinusoidale, la più vicina alle leggi della natura; una partitura regolare si sarebbe imposta come molto rigida. Non si tratta di un guscio/’acquario’ sigillato, come nelle glass houses (prototipo della contemporanea villa modernista di lusso) con cui si pensava di ottenere un rapporto simbiotico con la natura. Qui c’è ‘porosità’; la casa può essere vissuta realmente completamente aperta (aperta non solo alla vista, ma aperta agli elementi naturali, all’aria). Un’ ideale linea di energia (un “asse cosmico”) di cui l’abitante si può nutrire, passa, attraversa la casa da sud-ovest a nord-est, dai monti Sibillini al mare. Nel progetto è presente in maniera evidente il gioco, relazione con il nostro lato intimo represso. Le ‘finestre caleidoscopio’, dispositivi e stratagemmi, introducono l’elemento ludico e artistico nel medesimo tempo, aprendo ad altro (vedi Metrocubo d’infinito di Michelangelo Pistoletto) con un gioco di specchi in quello che normalmente è solo un buco sulla muratura.
Casa di Confine si pone come soglia da attraversare, che favorisce il nutrimento dello spirito in forza dell’attraversamento che il progetto permette (agli abitanti e agli elementi naturali). Da ogni ambiente principale della casa si possono traguardare contemporaneamente i due versanti, permettendo allo sguardo di spaziare dal mare ai rilievi montuosi, per un’esperienza abitativa immersiva, simbiotica, di fusione con la natura, traendone beneficio, nutrimento. La possibilità di attraversamento è fisica, non solo dello sguardo: la casa si apre e può essere vissuta aperta. Tanto che grazie alla ventilazione naturale e all’effetto camino il raffrescamento naturale, non c’è aria condizionata. Casa di Confine fa entrare lo spazio limitrofo, lo spazio agricolo e naturale. Lo spazio esterno privato in continuità con quello agricolo, non ci sono recinzioni, delimitazioni. Fa entrare anche il territorio allargato, il paesaggio. Anzi ‘ne ha bisogno’. La sua ‘scarnificata levità’ ne ha bisogno (e ancora entrano in gioco le “finestre caleidoscopio”, posizionate contrapposte a coppie nel blocco più chiuso, ‘notte’, permettono ancora l’attraversamento, il controllo sul paesaggio esterno; riflettono, frammentano e moltiplicano quello che si vede all’esterno fanno entrare dentro il paesaggio, lo incorporano; la casa non ha opere d’arte, raffigurazioni. Le parti della casa che mancano sono riempite dall’intorno, dai campi circostanti da ‘le colline di fronte’ tanto amate da Tullio Pericoli.
In termini puramente costruttivi e architettonici Casa di Confine è concepita, fin da i suoi pezzi costitutivi minimi, elementari, per essere vissuta aperta. Le lesene strutturali verticali, in cui passano anche gli impianti, servono a tenere tutte le ante in posizione aperta senza che questo costituisca una forzatura, pratica ed estetica, senza che costituiscano intralcio fisico e visivo. Il vetro è usato al minimo, secondo la sua prerogativa fisica e non ‘tanto per dare trasparenza’. Il vetro deve essere “apribile”. Nessun altro sistema avrebbe consentito di aprire interamente certi spazi come il living con la stessa semplicità e immediatezza nel gesto, nel controllo ‘aperto-chiuso’. Tramite un filtro in tessuto incorporato -retrattile- nelle stesse lesene, si può regolare ulteriormente aria e luce. Da questa apertura, da questa porosità ne deriva un modo diverso di relazionarsi con le persone, con i vicini, con la comunità, con l’alterità; un nuovo modo di relazionarsi con la terra e con gli elementi naturali. La casa, la proprietà privata, si contamina. L’ARIA entra in casa, l’attraversa in vari gradi; l’ACQUA permea tutto il terreno lambendo la casa, entra in alcune porzioni di essa -attraverso la membrana microforata-; le semine dei campi vicini entrano, contaminano la proprietà privata; il paesaggio entra e attraversa ogni stanza; il SOLE genera naturalmente un effetto serra controllabile per un riscaldamento naturale). In alcune parti, nel “fienile”, la porzione chiusa dalla membrana microforata, entrano perennemente aria, SUONI e ODORI dall’esterno.
Nell’area a verde privata, ma aperta, c’è una sorta di “terzo paesaggio”, di “jardin de résistence”, esso altro non è che un ecotono. Una preziosa fascia di transizione (che vuole essere anche una proposta “bandiera” di approccio al progetto delle aree verdi). Questa zona che separa il giardino ad erba gramigna dai campi può essere intesa anche come un vero e proprio ‘terzo paesaggio’, un paesaggio incolto (per Gilles Clement il terzo paesaggio va dalla scala dell’aiuola incolta a quella della foresta) lasciato a sé stesso, alla sua vita biologica vegetale e animale naturale.
Casa di Confine usa gli elementi naturali per riscaldarsi, raffrescarsi e irrigarsi. (dotazioni tecnologiche separate dall’architettura, non visibili e ridotte al minimo). D’inverno sfrutta anche l’energia del sole per riscaldarsi, c’è un effetto serra controllato (ventilazione e membrane retrattili nelle aperture per controllarla); nei mesi caldi si raffresca naturalmente tramite ventilazione incrociata ed effetto camino che funziona anche negli spazi notte. Le acque pluviali in eccesso si raccolgono in serbatoi interrati ad uso l’irrigazione. La casa è staccata dalla rete gas cittadina. Una batteria di pannelli fotovoltaici è disposta ordinatamente in posizione remota e non visibile nel paesaggio; facile così la manutenzione -per ottimizzarne l’efficienza- e per una futura facile sostituzione (la tecnologia invecchia rapidamente).